La corte di Ludovico il Moro, ritenuta fra le più importanti e famose opere di Giuseppe Diotti, costituisce un potente archetipo visivo-storiografico sull’identità italiano-lombarda dell’Ottocento, identità che trovava un punto di forza nell’età di Ludovico il Moro e nella straordinaria presenza a Milano di Leonardo da Vinci. L’opera venne commissionata dal conte Giacomo Mellerio per la sua villa del Gernetto, in Brianza, insieme al suo pendant, l’Agonia di Gian Galeazzo Sforza (1822) di Pelagio Pelagi: entrambe furono bersagli di critiche all’interno dell’accesa polemica tra romantici e classicisti.
Nel suo documentatissimo dipinto, apprezzabile per attente fisionomie, colori preziosi e sfoggio di costumi, Diotti attinge a una pluralità di fonti iconografiche, servendosi della consulenza dei suoi coltissimi amici. Fra questi sicuramente i bergamaschi Agostino Salvioni e Simone Mayr, ritratti rispettivamente nelle vesti dello storico Bernardino Corio e del compositore Franchino Gaffurio.
Nel gioco di specchi fra l’epoca raffigurata e quella a lui contemporanea, il dipinto, muovendo dall’archetipo della Scuola di Atene di Raffaello, si fa a sua volta prototipo di quel filone particolare della pittura storica dell’Ottocento volta a rappresentare personaggi illustri delle arti, delle lettere e delle scienze radunati artificiosamente in ritratti di corte e di atelier, o in complesse allegorie e composizioni celebrative. Notevole esempio di questo genere pittorico è rappresentato dal grande emiciclo decorato tra il 1837 e il 1841 da Paul Delaroche nell’École des Beaux-Arts di Parigi che raffigura i maggiori artisti di tutte le epoche.
Ma nella pittura dell’Ottocento, il mito di Leonardo ha una sua declinazione “francese” nell’immagine di Leonardo morente fra le braccia di Francesco I, come si vede nel disegno acquarellato di Sante Soldaini, premiato al concorso del 1811 dell’Accademia di Brera, e nel dipinto di Jean Auguste Dominique Ingres eseguito nel 1818 per il conte Blacas ed oggi al Louvre, opere entrambe tradotte in incisioni.
LA CORTE DI LUDOVICO IL MORO di Giuseppe Diotti (1823) - I personaggi raffigurati
Un paggio apre la porta al Segretario di Stato Bartolomeo Calco per farlo entrare nella sala in cui è riunita la Corte di Ludovico il Moro mentre Leonardo da Vinci sta mostrando al duca il progetto commissionatogli per l'affresco del Cenacolo. Sono seduti accanto al Moro la moglie Beatrice d'Este e il fratello, il Cardinale Ascanio Sforza, mentre intorno a loro, oltre a Leonardo, sono riconoscibili i grandi personaggi del mondo della cultura che frequentavano la Corte: a sinistra l'architetto Bramante parla col matematico Frate Luca Pacioli, mentre alle spalle di Leonardo vi sono il musicista Franchino Gaffurio (che legge uno spartito) , il poeta Bernardo Bellincioni (incoronato d'alloro) e lo storico Bernardino Corio (che reca sotto braccio un libro della "Storia di Milano").